Storia

San Niccolò di Bari 6 dicembre

 

San Nicola di Mira (di Bari) Vescovo Pàtara, Asia Minore (attuale Turchia), ca. 250 – Mira, Asia Minore, ca. 326.
Proveniva da una famiglia nobile. Fu eletto vescovo per le sue doti di pietà e di carità molto esplicite fin da bambino. Fu considerato santo anche da vivo. Durante la persecuzione di Diocleziano, pare sia stato imprigionato fino all’epoca dell’Editto di Costantino. Fu nominato patrono di Bari, e la basilica che porta il suo nome è tuttora meta di parecchi pellegrinaggi. San Nicola è il leggendario Santa Claus dei paesi anglosassoni, e il NiKolaus della Germania che a Natale porta i doni a bambini.
Patronato: Bambini, Ragazzi e ragazze, Scolari, Farmacisti, Mercanti, Naviganti, Pescatori,
Etimologia: Nicola = vincidore del popolo, dal grecoEmblema: Bastone pastorale, tre sacchetti di monete (tre palle d’oro)Martirologio Romano: San Nicola, vescovo di Mira in Licia nell’odierna Turchia, celebre per la sua santità e la sua intercessione presso il trono della grazia divina.

 

San Cirino martire, 3a domenica di Giugno
Emblema: Palma
SANTI ALFIO, FILADELFO E CIRINO, FRATELLI MARTIRI.
Le notizie che possediamo sulla vita e sul martirio dei tre fratelli, Alfio, Filadelfo e Cirino, il cui culto è molto diffuso in quasi tutta la Sicilia Orientale fin dall’alto medioevo, sono tutte contenute in un documento, che gli studiosi delle vite dei Santi fanno risalire al secondo decennio della seconda metà del secolo X, al 960 circa: si tratta di una lunga e minuziosa narrazione scritta da un monaco, certamente basiliano, di nome proprio Basilio, e con verosimiglianza a Lentini in provincia di Siracusa, come si evince dalla precisa indicazione dei luoghi, delle tradizioni e dei costumi della comunità là esistente. Il manoscritto, che si compone di più parti, alla fine della terza parte si chiude con questo periodo, ovviamente in greco: “Con l’aiuto di Dio venne a fine il libro dei SS. Alfio, Filadelfo e Cirino, scritto per mano del monaco Basilio”.
Il prezioso scritto si conserva nella Biblioteca Vaticana, segnato col numero 1591, proveniente dal monastero di Grottaferrata, nei pressi di Roma.
Secondo il manoscritto citato i nostri Santi hanno subito il martirio nella persecuzione di Valeriano e precisamente nel 253. I tre fratelli sono nati a Vaste, in provincia di Lecce, il padre Vitale apparteneva a famiglia patrizia e la madre, Benedetta, affrontò direttamente e spontaneamente l’autorità imperiale per manifestare la propria fede e sottoporsi al martirio. Il prefetto Nigellione, giunto a Vaste per indagare sulla presenza di cristiani, compie i primi interrogatori e, viste la costanza e la fermezza dei tre fratelli, decide di inviarli a Roma insieme con Onesimo, loro maestro, Erasmo, loro cugino, ed altri quattordici. Da Roma, dopo i primi supplizi, vengono mandati a Pozzuoli, dal prefetto Diomede, il quale sottopone alla pena di morte Erasmo, Onesimo e gli altri quattordici e invia i tre fratelli in Sicilia da Tertullo, a Taormina; qui vengono interrogati e tormentati e poi mandati a Lentini, sede ordinaria del prefetto, con l’ordine che il viaggio sia compiuto con una grossa trave sulle spalle. I tre giovani sono liberati dalla trave da una forte tempesta di vento; passano da Catania, dove vengono rinchiusi in una prigione, che ancora oggi è indicata con la scritta “Sanctorum Martyrum Alphii Philadelphi et Cyrini carcer”, in una cripta sotto la chiesa dei Minoritelli; in questo viaggio, secondo un’antica tradizione molto diffusa, confortata peraltro da un culto mai interrotto, sono passati per Trecastagni, perché la normale via lungo la costa era impraticabile a causa di una eruzione dell’Etna.
Nel cammino da Catania a Lentini avvengono vari prodigi e conversioni: si convertono addirittura i venti soldati di scorta e il loro capo Mercurio, che Tertullo fa battere aspramente e uccidere. Entrando in Lentini i tre fratelli liberano un bambino ebreo indemoniato e ammalato, convertono alla fede molti ebrei che abitano in quella città e che successivamente sono condannati alla lapidazione.
Presentati a Tertullo sono sottoposti prima a lusinghe e poi ad ogni genere di supplizi: pece bollente sul capo rasato, acutissimi chiodi ai calzari, strascinamento per le vie della città sotto continue battiture. Sono prodigiosamente guariti dall’apostolo Andrea e operano ancora miracoli e guarigioni fino a quando Tertullo non ordina che siano sottoposti al supplizio finale: Alfio con lo strappo della lingua, Filadelfo posto su una graticola rovente e Cirino immerso in una caldaia di pece bollente. I loro corpi, trascinati in un luogo detto Strobilio vicino alle case di Tecla e Giustina, e gettati in un pozzo, ricevono dalle pie donne sepoltura in una grotta, ove in seguito viene edificata una chiesa.

 

Parroco
Don Armando Alessandrini dal 1959 al 31/12/1999
Don Francesco Ciabattoni dal 05/03/2000 al 04/04/2013
Padre Marco Buccolini dal 05/04/2013
Don Gian Luca Pelliccioni dal 12/10/2014